Ieri si sono conclusi i mondiali di pallavolo femminile.
Oggi, come sempre quando si chiudono grandi manifestazioni sportive, i titoli dei giornali mostrano la solita scarsa fantasia: se si vince, eroi, se si perde, “comunque bravi”.
Perché quando c’è una sconfitta deve esserci sempre un “comunque“? “Comunque grazie azzurre”, “Grazie lo stesso”, “Comunque ci avete fatto emozionare”.
Togliamo questo “comunque”, che sa tanto di premio di consolazione.
Grazie azzurre, perché siete scese in campo giocando la miglior pallavolo possibile (e chi dice il contrario non è mai sceso su un campo da gioco, non si gioca una semifinale mondiale con leggerezza, sottovalutando l’avversario).
Grazie azzurre, perché avete sopportato la pressione di giocare in casa, unita alle mille chiacchiere “da bar” dei presunti tecnici.
Grazie azzurre perché avete fatto tutto quello che potevate e anche di più…
Grazie azzurre perché avete perso: in una competizione solo una squadra vince, le altre danno tutto per poi, alla fine, tornare a casa senza aver vinto niente.
Grazie per le emozioni, per la bella (e anche brutta) pallavolo che ci avete fatto vedere.
Grazie perché al prossimo mondiale, o World League o quello che sarà, sarete ancora li, e noi pure, a tifare, arrabbiarci e applaudire, nei palazzetti o davanti alla TV, sia chi ha vinto che chi ha perso.
#conleazzurre sempre!
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